Massimiliano Spinola vs Vittorio Emanuele

Largo Eros Lanfranco è dominato dal palazzo Doria Spinola, attuale sede della Prefettura, e sul suo grandioso portale, opera di Taddeo Carlone, fa bella mostra di sé lo stemma della famiglia Spinola, sorretto da due armigeri.

Ogni volta che passo di lì mi sovviene sempre una curiosa disputa che ebbe luogo nel 1815 e i cui protagonisti furono l'allora proprietario del palazzo, il marchese Massimiliano Spinola, e il re Vittorio Emanuele I.
Si era da poco concluso il Congresso di Vienna e Genova era stata annessa, suo malgrado, al Regno di Sardegna. Il sovrano, da poco restaurato sul trono, aveva conferito allo Spinola il prestigioso titolo di Ciambellano del Re. Il nobile genovese declinò sdegnosamente la carica e il re lo convocò a Corte per conoscere il motivo del rifiuto. Al cospetto del sovrano, Massimiliano Spinola orgogliosamente rispose: “Maestà, sono nato per essere servito e non per servire gli altri”.
Degna risposta di un fiero genovese ma che gli costò il bando dalla reggia.
Tornato a Genova, Massimiliano fece porre sul portone del palazzo una lapide su cui si leggeva la frase "Omnia tempus habent", tutte le cose hanno un tempo, cioè tutte le cose finiscono. Frase sibillina ma neppure troppo oscura: si dice che Vittorio Emanuele lo congedò dal suo cospetto dicendo "Sic transit gloria mundi", così passa la gloria del mondo, e con quella iscrizione Massimiliano volle rispondere che sì, la gloria e la fortuna finiscono ma anche i re hanno il loro tempo.
Ci vollero 131 anni ma alla fine la Storia diede ragione al nostro.
La lapide venne fatta rimuovere ma fu conservata e poi trasportata al castello di Tassarolo ove si trova tuttora.

Paola Spinola

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