Le origini di una nobile casata

Genova, 12 aprile 1389
"Giorgio, nativo della città di Durazzo in Albania, espose a sua eccellenza il doge Antoniotto [Adorno] e al venerabile consiglio de' quindici anziani,

come le violenze de' Turchi in quella provincia, e il ricercar che facevano i più qualificati fanciulli per ostaggi in nome, e in realtà per allievi d'empietà e libidine, indotto lo avevano a spatriarsi con la sua donna e tre bambini. Un legno siciliano che sbarcarli doveva in Calabria, ove già stavano altri Albanesi, li condusse a Messina. Ahi lasso! che dov'ei si credeva sicuro, là si architettava il suo precipizio. Perché l'iniquo padron della nave segretamente vendutolo a un certo Valenti, genovese, di fitta notte, quando ognuno era a riposo, il calò con la sua famiglia sopra una cocca della stessa nazione presta a far vela. A Genova vennero, e in questa libera terra si trovarono schiavi. E furono rivenduti in tre lotti, per separare i figli dai genitori, la moglie dal marito. Pur ringraziato sia Dio, che soprabbondano in questa gloriosa Repubblica i cuori caritatevoli e generosi! I quali commiserando un povero forestiero tradito, gli procacciarono dall'Albania le carte comprovanti il libero, nobile e antico suo stato. "Eccole a piedi vostri! Conservatori della giustizia, padri di misericordia, degnatevi esaminarle, e pronunziate". Così conchiudeva la supplica dell'Albanese.
Dopo l'abolizione della schiavitù fra' cristiani, era costume delle principali famiglie il farsi servire da schiavi mori o turchi a guisa di paggi: e il color bruno, l'ignota favella, la somiglianza del nome confondevano nell'intelligenza volgare l'essere di schiavi con gl'illustri popoli della Schiavonia, e questi con quelli dell'Albania e della Dalmazia; i quali corseggiato un tempo l'Adriatico, ritenevano in parte le usanze e il mal nome de' loro antenati. Come dunque peccarono, così siano puniti. Queste ed altre tali ragioni opposero a più riprese i compratori, a fin di provare la loro buona fede e gli acquistati diritti; ma non dissuasero il doge col suo consiglio di sentenziare a favore del forestiere oppresso contro gl'ingiusti nazionali. Anzi la pietà del suo caso impetrare gli fece la cittadinanza; il nome della patria originaria gli rimase per cognome, e i suoi discendenti salirono col tempo a primi gradi d'onore della repubblica e nella chiesa".
Tratto da "Storia della antica Liguria e di Genova scritta dal marchese Girolamo Serra", Tomo III, ed. Capolago, 1835

Paola Spinola

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